lunedì 17 maggio 2010

Apri le tue vedute

Buongiorno a tutti, sono Petrone Gianpietro e rappresento l’Associazione degli Utenti dei Servizi Psichiatrici di Campobasso denominata “Liberamente Insieme”.
Il tema di questo Seminario è la Promozione della Salute Mentale e per quel che ci compete come associazione d’Utenti, vorrei soffermarmi su un aspetto in particolare: l’impatto sociale del malato di mente.
Prima però, brevemente, vorrei ribadire che, per Promozione della Salute Mentale s’intende un’insieme d’attività che vanno dalla prevenzione dei vari disturbi mentali, alla cura della malattia là dove è diagnosticata, alla presa in carico del malato da parte del Dipartimento di Salute Mentale (D.S.M.), sempre se ciò è necessario, al reinserimento del malato nella sfera sociale, anche attraverso percorsi riabilitativi psico-sociali, all’inserimento lavorativo, per coloro che hanno progetti di vita, per questo l’auto sostentamento è fondamentale, alla sensibilizzazione dei cittadini alle problematiche sulle malattie mentali onde evitare etichette o comportamenti discriminanti, alla diffusione di una “cultura” che veda la diversità come qualcosa che non lede la dignità di alcuno, ma tutt’altro arricchisce il bagaglio umano di tutti.
Dal momento che, la nostra associazione ha ben chiaro che nella rete della salute mentale vi sono istituzioni diverse ed ognuna con un ruolo e dei compiti ben specifici. Ecco che tra le attività che promuovono la salute mentale quello che rientra direttamente nei compiti statutari della nostra associazione è sensibilizzare la comunità a comprendere che la malattia mentale oggi può essere ben fronteggiata garantendo uno standard di benessere sufficiente per vivere in modo normale la propria vita, in opposizione ad una cattiva conoscenza della disabilità mentale che spesso produce diffidenza o paura.
E’ proprio sulla capacità di rimuovere lo stigma, l’etichetta, che è in gioco una grossa fetta della promozione della salute mentale.
In ambito sociale bisogna promuovere dei comportamenti solidali nei confronti delle persone più deboli e vulnerabili. Voglio dire che occorre una società che garantisca opportunità morali, etiche e materiali a coloro che, non per loro scelta, ma per condizioni naturale, sono particolarmente predisposte ad avere una patologia psichiatrica.
Questo perché? perché l’impatto del malato di mente nella società, è spesso traumatico, sia dal punto di vista umano, sia dal punto di vista materiale. Umanamente, spesso il malato è individuato e discriminato soprattutto negli ambiti ove il livello culturale è basso. Materialmente, perché spesso il malato di mente, avendo una ridotta capacità lavorativa, non riesce ad essere competitivo in una società come la nostra in cui il mondo del lavoro è altamente specializzato e fa della competizione un motivo di profitto e di vanto. Ecco che, allora occorre che la comunità si attivi ad essere solidale nei confronti dei diversamente abili, garantendo il giusto riconoscimento della dignità umana di queste persone. È opportuno chiarire che se da una parte è giusto che la comunità diventi più preparata a fronteggiare ed ad accogliere persone con disabilità mentale è giusto che, il disabile abbia l’opportunità di migliorare il suo bagaglio relazionale, le abilità manuali e tecniche, le sue conoscenze in modo che non sia, ove possibile, di peso alla società, ma contribuisca nella giusta misura al progresso collettivo. Quindi fin qui, promuovere la salute mentale, vuol dire:
1. Potenziare la capacità e le doti umane, d’accoglienza, di solidarietà e di condivisione della comunità;
2. Potenziare nell’insieme la parte sana del disabile mentale al fine di metterlo in condizioni di dare un suo apporto alla stessa comunità.
Un terzo punto, molto particolare e degno d’attenzione è quello che si identifica nella confusione che si genera tra ciò che è una malattia mentale e quelle che sono le follie che incorniciano la nostra società. Tutti vediamo la TV o leggiamo i giornali e quasi quotidianamente, i fatti di cronaca ci fanno paura e ci rattristano quando una violenza, uno stupro o un omicidio è stato perpetuato da qualcuno che avrebbe avuto episodi di ricovero psichiatrico. Sono cose brutte che ci rattristano e che aumentano la diffidenza nei confronti dei malati di mente. Non voglio indagare nei dettagli di questo o quel caso, ma spesso sono persone lasciate in balia di se stessi, lontano dalla cura, dagli affetti, dalla considerazione degli altri. Questo certo non aiuta la promozione della salute mentale perché, da un lato inasprisce certi comportamenti che, additano i diversi come persone potenzialmente pericolose e dall’altro mettono seriamente in crisi quei malati che essendo molto sensibili alle dinamiche sociali, vivono queste situazioni con molto disagio, anche se accadono lontano dal luogo in cui vivono. Voglio, continuando su questo punto, che non si faccia confusione sulle persone che, avendo una malattia mentale, accettano le cure, alla stessa maniera di chi ha problemi al cuore, e va dal cardiologo, con tutta una serie aberrante di follie che fanno da cornice alla nostra società: è follia la violenza sui bambini, sulle donne; è follia uccidere un altro essere umano; è follia amputare le membra delle donne, dei bambini, degli uomini; è follia la tortura; è follia morire per droga; è follia ostentare la sessualità in modo scabroso; è follia la guerra; è follia lasciare morire di fame milioni di persone. Attenzione non è folle una persona che, sapendo di avere un disturbo mentale ricorre alle cure del caso, anzi mostra di avere giudizio. Ho voluto che quest’intervento dell’associazione “ Liberamente Insieme”, fosse tale da trasmettere lo spirito che ci anima prima ancora di elencare delle attività che la nostra associazione pian, piano cerca di mettere in campo grazie alla vicinanza fattiva del DSM di Campobasso, la collaborazione di alcuni operatori psichiatrici e alla collaborazione della cooperativa “Laboratorio Aperto”.
Se riuscirò a far passare il massaggio che è opportuno far sì che la comunità comprenda nel profondo di accogliere i meno fortunati, è opportuno che questi in ogni caso devono impegnarsi nonostante i limiti e le difficoltà, per dare un loro contributo alla stessa comunità e far comprendere che i folli, quelli “veri” non c’entrano nulla con la disabilità mentale. Ecco, allora, avrò assolto al mio compito.
Grazie e a presto.
Petrone Giampietro.

lunedì 22 marzo 2010

Piccola finestra sul mondo della salute mentale

Quanti ragazzi e ragazze sulle strade del mondo, quante aspettative per il proprio futuro, quanti sogni da realizzare, quante speranze, quante attese. Tra questi giovani, che nell’età giovanile erano nei sentimenti come gli altri, una parte di essi, calcolabile intorno all’1%, saranno accomunati da una malattia che in un modo inatteso, cambierà il proprio futuro, i propri sogni, le proprie speranze e le attese. Ecco, nel passaggio dall’età giovanile a quella adulta, per molti giovani si manifesta il disagio mentale, quindi , i primi ricoveri, la diagnosi, la cura, il sentimento di vergogna e di rifiuto della malattia, i percorsi riabilitativi e nei casi migliori una buona compensazione ed una buona convivenza con il proprio disturbo. La storia di questi giovani che si ritrovano accomunati non solo nella malattia, ma, alcuni, anche a condividere spazi in comune, sembrano tutte uguali, quando, tra loro, si raccontano gli eventi accaduti prima e dopo i primi ricoveri. Vi è sempre o quasi sempre un evento traumatico in seno alle rispettive famiglie: morte di uno dei genitori, violenza in famiglia, alcolismo di una dei genitori,ecc.. Oggi noi troviamo il Mondo della Salute Mentale molto evoluto rispetto a quello antecedente la Legge Basaglia ( 1978 ), e possiamo ritenerci molto fortunati. Pensiamo soltanto un momento a quei giovani che prima del 1978 si sono ritrovati reclusi nei Manicomi senza capirne la motivazione e senza avere alcuna colpa. Ecco che allora è importante il ricordo di coloro che la storia ha sacrificato in quei Casermoni, detti Manicomi, soprattutto perché il presente che noi viviamo venga utilizzato per il miglioramento delle condizioni di vita delle persone con una malattia mentale e per aborrire per sempre la Vergogna dei Manicomi. La Nostra Associazione, che abbiamo chiamato “Liberamente Insieme”, è costituita da persone con un disturbo mentale ed è sorta, incoraggiata dall’Associazione Vivere Insieme, dal D.S.M., e dà un andamento fisiologico in ambito Nazionale ove già molte Associazioni di Utenti esistono da tempo, con lo scopo di organizzare un gruppo di Utenti capaci di autorappresentarsi presso tutte le varie Istituzioni, che in modo diretto od indiretto, vengono a contatto con la rete della Salute Mentale. Riuscire a dialogare con le Istituzioni Territoriali e con le Istituzioni proprie della Salute Mentale, la ASREM, il D.S.M., le altre Associazioni di volontariato, è un mezzo molto incisivo per poter porre all’attenzione delle dette Istituzioni i bisogni degli Utenti dei Servizi Psichiatrici. Oggi assistiamo ad una duplice tendenza relativa alle Politiche sulla Salute Mentale:
la prima è quella che contempla una forte spinta alla deistituzionalizzazione delle persone con problemi psichiatrici, soprattutto là dove il paziente lo consente;
la seconda è quella che scaturisce da una richiesta di servizi che permettono alle famiglie un minor carico quotidiano. Generalmente si attua uno scollamento tra quei pazienti che sono protagonisti delle proprie problematiche e quei pazienti che hanno bisogno di maggiori attenzioni. Dare risposte concrete agli uni ed agli altri non è cosa semplice se si valuta la complessità dei bisogni e le disponibilità economiche. Il tema di dare risposte adeguate ad ogni tipologia di paziente ha provocato un forte dibattito in tutta la rete della Salute Mentale, poiché tutti vorrebbero che i propri congiunti sofferenti e le rispettive famiglie trovassero sollievo. La Nostra Associazione, che per scelta intellettuale, è contro tutte quelle forme di ghettizzazione che assomigliano ai vecchi Manicomi, ha sempre sostenuto un cambiamento: che prevede un servizio sul territorio là dove il malato vive e ha i suoi interessi, la costituzione di gruppi appartamento per permettere agli Utenti di vivere secondo le proprie abitudini e non subire abitudini imposte da un regime di collegio, la formazione al lavoro direttamente effettuato nelle aziende, nelle attività commerciali, nelle botteghe, con l’aiuto di un tutor là dove fosse necessario, allacciare rapporti relazionali non esclusivamente imposte dalla frequentazione di centri riabilitativi, valutare anche nella rete la figura nuova dell’Utente-Operatore, l’apertura del C.S.M. che possa sul territorio ben organizzare questi servizi,l’apertura dell’Uffcio di Prossimità che possa allacciare rapporti con tutte le realtà del territorio fornendo informazioni utili sulla disabilità mentale, favorendo anche l’accesso al lavoro di disabili nello spirito della Legge Biagi. I cambiamenti sono sempre visti un po’ male, perché cambiare vuol dire, da una parte sradicare vecchie abitudini, e dall’altra abituarsi a delle nuove, con tutto quel che ne consegue: cambiamento di tipologia di lavoro degli addetti ( soprattutto assistenti sociali e operatori), cambiamento psicologico degli addetti nei confronti dei pazienti e viceversa, cercare una maggiore responsabilizzazione delle famiglie dei sofferenti ad una diversa collaborazione con gli addetti ai lavori; maggiore interazione tra le famiglie dei sofferenti con gli stessi sofferenti; diverse valutazioni che dovrebbero essere effettuate in seno agli ambiti vissuti dai pazienti e non in centri riabilitativi. Aldilà delle difficoltà strutturali, che sono grandi, per ottenere un cambiamento radicale dei servizi psichiatrici, oggi, comunque, è possibile, grazie al lavoro di grande sensibilizzazione effettuato dai servizi di salute mentale e dalle associazioni di volontariato che operano in tutto il territorio nazionale, operare un cambiamento interiore al fine di intendere in modo nuovo la persona con una sofferenza psichica o comunque una persona con handicap. Per far comprendere in che modo è possibile un diverso approccio con una persona malata e calzante un aneddoto: “ Un frate missionario in terra d’Africa percorre, con la calura del giorno, un sentiero sassoso con dei sandali ai piedi e avanzando a fatica sul sentiero vede avvicinarsi dal lato opposto una bambina a piedi scalzi e con un fratellino più piccolo sulle spalle; allora il frate, tutto trafelato, si avvicina preoccupato alla bambina e le dice: “ Bambina mia è grande il peso che hai sulle spalle!” E la bambina gli risponde: “ Non è un peso, è mio fratello!” Ecco l’insegnamento della bimba d’Africa è perfetto, bisogna intendere le persone non autosufficienti non come dei pesi da supportare durante l’orario di lavoro o durante la loro permanenza in famiglia, ma come dei fratelli e delle sorelle più sfortunati che spesso soffrono non tanto per le loro infermità ma per il fatto che si sentono dei pesi che gli altri a stento sopportano.

mercoledì 17 marzo 2010

Creazione Blog

Oggi nasce il blog dell' Associazione Liberamente Insieme Onlus, costituita dagli Utenti dei Servizi di Salute Mentale di Campobasso.
Il nostro intento è quello di non delegare ad altri, come è sempre avvenuto, la tutela dei diritti propri di ogni persona e, quindi, di autorappresentarci in maniera civile presso gli Enti Territoriali e le Istituzioni proprie della Salute Mentale.
Questo avviene perchè un gruppo di utenti ha smesso di identificarsi con la propria malattia e si pone innanzitutto come un gruppo di persone che hanno dei valori e delle esperienze da trasmettere all' intera società.

D' ora in avanti utilizzeremo il blog per esprimere questi valori e queste esperienze.

Ciao, a presto. Associazione Liberamente Insieme Onlus